Critica di Roberto Joppolo

Roberto Joppolo

Dante Maffia

 

Roberto Joppolo è uno di quegli scultori che vibrano a vedere un masso di marmo, di quegli scultori che traducono immediatamente nel loro linguagio qualsiasi incontro. Ciò per dire che egli è naturalmente artista, che non ha avuto bisogno di accademie per scoprire il suo dono. Di conseguenza il primo dato che appare evidente, guardando le sue opere, è la spontaneità. Ma attenti a non confonderla con lo spontaneismo: in Joppolo c’è una forte tensione umana e religiosa che si tramuta con freschezza in forme ben delineate, ma mai sovrabbondanti o che vadano a creare uno squilibrio. Potremmo definirlo, se non temessimo di limitarlo, uno scultore antico, con una tempra passionale che, se non aggredisce, disorienta, mette in soggezione. Eppure credo che Joppolo sia uno degli artisti più umani e più decisamente portato al colloquio. Lo dicono a chiare lettere le sue sculture (ma anche i suoi disegni, i suoi oli, i suoi pastelli) che distillano una umanità nel pieno rigoglio della forma, anche quando la stessa si modella ovoidalmente per cercare la posizione originaria dell’essere. Non so se si possa fare un discorso di ascendenze quando si parla di questo scultore; certo egli ha guardato ovunque, con la perspicacia delle sue tensioni, ma non è, per esempio, nel suo bagaglio originario un incontro con Brancusi. Eppure egli ne sfiora la foga creativa e ne sfiora il pensiero estetico-filosofico, anche se poi va oltre, com’è giusto. Questa sua capacità di saper essere fuori e dentro lo sviluppo costante delle sperimentazioni scultoree gli permettono di estrinsecare la sua personalità che, pur avendo propensioni all’eclettismo, riesce a trovare una misura da guardare con ammirazione. Nel suo studio-museo ci si può rendere immediatamente conto dei temi afrontati da Joppolo: i più svariati, con accentuazioni verso l’arte sacra, senza trascurare quella profana che comincia a offrire spunti innestati alle ultime tendenze artistiche. Joppolo sente fortemente che la forma oltre che essere posseduta ha bisogno del suo momento di libertà ed è per questo che ogni tanto fa deragliare la canonicità del suo tratto alla ricerca di un appiglio fuori dalla forma stessa. Alcune delle immagini hanno gli occhi bendati: Da un punto di vista strettamente simbolico non è difficile interpretare il segnale di Joppolo, ma da un punto di vista estetico siamo dinanzi a un gesto che pone il grande dilemma dell’arte come interiorità o come esteriorità. Quel che affascina in questa immensa produzione artistica è anche la serenità espressiva. Non c’è in nessuno dei lavori il senso del tragico, non si avverte la dissoluzione, anzi aleggia una sorta di fede nella materia che investe e dà benessere. E non importa quale sia la materia, il bronzo, la creta, il legno, il marmo. Le realizzazioni di Joppolo partono sempre da una necessità interiore, in lui vibra la divinità che detta il messaggio ed egli si fa tramite di quelle forme a cui sembra nascere un’anima che moltiplica le insorgenze del messaggio. Da qui il passo verso i “colloqui” è breve e diventa naturale lo scoscendimento verso quell’arte degli affetti che trovano un’accoglienza a dir poco proverbiale. Roberto Joppolo raffigura l’amore, è stato detto da Letizia Gai, “in tutte le sue sfumature: religioso, coniugale, materno”. Sono raffigurazioni con una tensione che va oltre la pura apparenza e si colloca in quella sfera ideale che spinge lo scultore a rendere le figure oltremodo levigate, magnificamente tese a rappresentare il loro ruolo. Ma Joppolo è anche pittore, incisore, insomma artista a tutto tondo, che sa entrare nei flussi del colore e delle linee svestendo i panni dello scultore e riuscendo a trovare una misura adeguata al linguaggio diverso. E’ evidente che la personalità non si scinde, ma i linguaggi seguono un percorso diverso e soltanto a un certo punto si scambiano il senso fluendo l’uno nell’altro. Mi sembra che il mondo di Joppolo sia denso di ideali e tutto avviato a risolvere il suo fare in una dimensione che tenga conto che i valori dell’uomo sono importanti quanto la maestria. Forse uno dei motivi che lo spinge a tenere alto il tiro e a realizzare opere che sempre più siano concerti del vivere e della speranza è proprio quel suo credere fermamente nei valori umani. Se dovessi infatti compendiare in breve, in una definizione, l’opera di questo scultore che è nato a Siena ma ha origini siciliane, direi che si tratta di un’opera che nasce dal cuore e si da forma nella libertà dello spazio. Si, nasce proprio dal cuore, senza filtri e sovrastrutture mentali, con la convinzione che l’arte deve rappresentare i sentimenti umani nelle sue infinite sfumature e non deve mai tradire il divino, a rischio, a volte, di restare nel cerchio definito da Carlo Giulio Argan, del tradizionale. In fondo Argan, Bonito Oliva, Calvesi quando hanno parlato di grandi scultori non hanno escluso né Fidia, né Michelangelo, né Donatello, né Canova, né Rodin.

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